Gaston Bettelli ha un desiderio: poter tornare nella sua Modena con una personale di pittura. Gaston è un pittore da 40 anni vive a Bogotà in Colombia. Del Paese di adozione ha assorbito la cultura ricca di luci e colori accesi, della “sua” Modena conserva inalterato lo spirito serio e allo stesso tempi creativo costruitosi da bambino, tra rigore, nebbie, amore per l’arte e la musica e atavica predisposizione alla buona tavola.
«Mi viene ancora l’acquolina in bocca quando sento parlare di tortellini – dice – sono modenese di razza, sono nato a San Lazzaro, non invano mi dicevano i genitori, soprattutto mio padre, sei un lazzarone. Appunto, «Non modenensis erit sin cum fantastica testa», proclamava il Muratori».
Gaston Bettelli va indietro nel tempo a raccontare i suoi ricordi di quando bambino compiva correva lungo le strade del Ponte della Pradella dove il padre aveva la sua bottega. «Mia madre è mancata quando io avevo appena otto anni, Clementina Selmi si chiamava prima di sposarsi con mio padre Romeo Bettelli – ricorda Gaston – mio padre cantava con il padre di Pavarotti, Fernando, in una corale modenese. Bella la voce di mio padre e forte; quando mi sgridava lo sentiva tutto il rione, tanto che le sgridate di mio padre divennero famose. Incerto se considerarsi più lazzarone o “testa fantastica” Gaston decise di andarsene da Modena a 18 anni.
A Modena aveva compiuto gli studi all’Istituto d’Arte Venturi.
«Avrei voluto fare il liceo, imparare il greco e il latino – dice Gaston – ma non fui ammesso e quindi dovetti andare all’Istituto d’Arte Adolfo Venturi e credo sia stata una fortuna perché se è difficile vivere dell’arte plastica lo é ancora di più vivere come poeta e scrittore. Andai a Roma, dove rimasi fino ai 22 anni e studiavo alla Accademia delle Belle Arti – racconta ancora – Fu una buona decisione la scelta di Roma invece di Milano che era più vicina? Ero attratto dalla Roma caput mundi, invece direi proprio che ci feci un po’ la fame a Roma. Lavoravo per la Lux Film nello Studio Favalli in Piazza Dante 2, nel cuore della capitale. Ci lavorava anche un altro modenese, un certo Artioli. Mio padre, nel frattempo, felice che sgombrassi casa perché si era risposato, e che cominciassi a lavorare mi mise un po’ di salame e mortadella nella valigia e quando arrivai alla Stazione Termini i variopinti gatti romani presi dal seduttore profumo della salumeria emiliana mi seguivano in processione come nelle pellicole di Jaques Tati».
Nonostante le difficoltà economiche, Gaston ha amato Roma, dove ha conosciuto un bravo prete, Don Renato Perino, piemontese e teologo di stirpe per il quale disegnava le copertine dei libri della San Paolo.
«Al mattino, ero impegnato nel cinema e nel mondo della Dolce Vita: allo studio arrivavano le attrici per le fotografie, la bella Silvana Mangano, una mia collega di Belle Arti; Gina Lollobrigida anche detta La Lollo. Cosicchè il mattino era “il profano” ed il pomeriggio, quando arrivavano i preti della San Paolo era “il sacro”».
Alla fine vinse “il sacro”.
«Ebbi la fortuna – racconta ancora Gaston – di venire in Colombia con Don Perino per aprire la Rivista Famiglia Cristiana per la Colombia. Partito per la Colombia, arrivando a Colombia, sulla nave chiamata Marco Polo, mi innamorai. Un cotta che ci mise tempo a dileguarsi».
Oggi, dopo 40 anni, Gaston Bettelli vive in uno spazioso appartamento che guarda sulla immensa città di Bogota, 8 milioni circa di abitanti. Le stanze sono piene di libri e nella sua attività di pubblicista fondatore della Leo Burnett -Colombia e di Citta del Messico ha avuto in sorte di lavorare di fianco a scrittori oggi famosi nel continente Latino Americano.
«Io cominciai in pubblicità come disegnatore – dice ancora – poi passai ad essere art director; poi divenni direttore creativo e finalmente vice presidente di grandi agenzie.
Mai però ho lasciato di avere un piede nell’arte e in un modo non del tutto caritativo ancora oggi mi chiamano publi-pittore, e a me non dispiace».
11 dicembre 2011