Andrea Burzacchini

Amore, lavoro e fuga: tre componenti per un mix di motivazioni che hanno portato Andrea Burzacchini, laureato in chimica ed esperto in politiche ambientali, lontano centinaia di chilometri da Modena. Dal 1998 è in Germania, prima a Mainz, poi definitivamente a Friburgo. “Non sicuramente per quella che viene definita la “fuga dei cervelli”, che ho sempre ritenuto un po’ stucchevole e piagnona – dice – semplicemente non mi piaceva il mio lavoro e il tipo di vita che Modena e la mia formazione potevano offrirmi. Così, a 30 anni, dopo la laurea, dopo il servizio civile e dopo tre anni di lavoro ha conosciuto Evelyn e la Germania è diventata una facile prospettiva.

Classe 1968, una famiglia modenese da generazioni, cresciuto a tortellini e gnocco fritto, quelli cucinati con l’antica ricetta della nonna, Andrea Burzacchini si è laureato in chimica, “scelta che ho sempre rimpianto – dice – e la prospettiva di passare anni a lavorare 8-10 ore al giorno nel sassolese o nel comparto ceramico, tra auto, capannoni industriali, palestre e centri commerciali, mi atterriva”. Poi si racconta.

“Ho passato l’infanzia a S. Lazzaro, l’adolescenza a S. Agnese. Ho conosciuto Modena su una bicicletta verde; i miei non mi vollero comprare il motorino, ma non ne feci mai un dramma, il Mediterraneo in viaggio con la mia famiglia, ogni agosto. Sono stati anni bellissimi. sono stati belli anche quelli dopo la maturità, solo che ha prevalso la filosofia ‘bambocciona’, come si è imparato a dire più tardi. Mi sono iscritto a chimica, perché parenti e amici mi dicevano “così sei vicino a casa e troverai un lavoro”. Infatti. Solo che l’università non mi ha dato nulla da un punto di vista formativo – ovviamente anche per colpa mia – e fare lo studente in casa, come prolungamento del liceo, è la peggior scelta che un ragazzo di vent’anni possa fare. Non si cresce. E dopo lo si paga, tantissimo. Non ho mai smesso di rimpiangere quella scelta”.

Così, dopo la laurea, il servizio civile e tre anni di lavoro, decise di seguire un master in politiche ambientali, ad Atene e Losanna, e intanto aveva conosciuto Evelyn, per merito di un tirocinante tedesco impiegato al Comune di Nonantola.

“A questo punto – racconta – la Germania diventava una splendida prospettiva: le politiche ambientali più avanzate d’Europa, una donna di cui mi ero appena innamorato, un modo di vivere diverso…così ho affittato due stanze assieme a Evelyn, a Mainz, dove lei lavorava, e ho trovato lavoro a Friburgo, quasi 300 chilometri più a sud. Non sono più tornato indietro”.

Andrea Burzacchini, infatti, vive ora in Germania con Evelyn e le due figlie: Laura, di nove anni e Liv, di sei.

“Parlano anche l’italiano, molto bene – dice – amano i tortellini, la Pimpa, le storie di Rodari e di Piumini, le canzoni di De Andrè. Peccato che io non abbia mai imparato a fare il gnocco fritto”.

Ha lavorato per dieci anni ad Iclei, la più grande rete mondiale di città per la sostenibilità ambientale, che ha la sede europea a Friburgo. Ha coordinato progetti internazionali per l’ambiente in una quindicina di Paesi. Due anni fa si è licenziato e, insieme ad una collega, ha creato una ditta: Aiforia, che in greco significa sostenibilità. Il tema è sempre quello: politiche ambientali; facilitazioni di scambi di esperienze tra diversi paesi, in modo particolare tra Italia e Germania; definizione e gestione di progetti internazionali; consulenze, studi e ricerche; e infine organizzazione di visite a Friburgo sul tema della sostenibilità ambientale per amministratori, imprenditori, scuole.

“Friburgo – ha continuato Andrea Berzacchini – è considerata una delle capitali ecologiche europee, quindi ci sono moltissime esperienze da mostrare: anche amministratori della provincia di Modena e una scuola di Pavullo sono venuti di recente”.

Ed è vero che ha definito la “fuga dei cervelli” come “stucchevole e piagnona”, ma è convinto che “fare esperienze all’estero, di uno, cinque, dieci o trent’anni, e allo stesso tempo incentivare l’arrivo di stranieri, da ogni parte del mondo, rappresenti un arricchimento reciproco, personale e collettivo”.

“Non voglio negare che una certa gerontocrazia italiana, soprattutto all’università, ma anche nel privato o nella politica, tolga possibilità ai giovani – aggiunge – a parte il fatto che ho conosciuto abbastanza studenti dei miei tempi lamentarsi di questa situazione e poi avere gli stessi atteggiamenti gerarchici appena ottenuto uno straccio di cattedra . Quindi, che i cervelli la smettano di ‘gnolare’. Se hanno cervello, lo usino per adattarsi, come fanno milioni di persone, con molte più difficoltà e molte meno possibilità. Che bel verbo ‘gnolare’. Ecco un’altra cosa che mi manca: il poter utilizzare gli splendidi termini dialettali senza doverli spiegare.

Nonostante si trovi molto bene in Germania, ha qualche nostalgia della sua Modena.

“Ovviamente – dice – mi manca non poter incontrare più spesso i miei genitori, mio fratello ed alcuni amici. Poi alcune immagini della campagna. E le chiacchiere tra gli anziani in dialetto, in centro o nei bar; ovviamente anche il caffé, anche se è una banalità, che ogni emigrato deve dire…ma è vero. Più in generale un problema del vivere all’estero è il fatto di non poter contare su una sorta di sistema di riferimento comune coi tuoi interlocutori, quindi il non poter fare una battuta senza doverla poi spiegare. Per questo dopo qualche anno, anche gli emigrati più privilegiati, ai quali io senz’altro appartengo, creano alcune strutture simili a quelle degli emigrati tradizionali. Qui a Friburgo collaboro con il Centro Culturale Italiano: presentiamo film italiani con i sottotitoli e invitiamo autori italiani, ma giochiamo anche a tressette”.

Il futuro per Andrea Burzacchini è comunque ancora tutto da scrivere.

“Ci sono ancora centinaia di cose che vorrei fare ed imparare – dice – e per alcune mancherà il tempo. Gassmann diceva che ci vorrebbero due vite, una per provare e l’altra per recitare. Mi piacerebbe tra qualche anno spostarmi a Monaco o a Berlino, per poter essere a contatto con una grande comunità italiana in Germania; ma mia moglie non sopporta Monaco, come quasi tutti i tedeschi, e trova il clima di Berlino troppo freddo e grigio. Poi forse un po’ più tardi, quando le mie figlie a 18 anni saranno uscite di casa, forse potrei tornare in Italia, chissà”.

8 aprile 2011

andrea