Inizia cercando qualche informazione su nonna Martina e finisce col ricostruire l’albero genealogico della sua famiglia risalendo fino alla metà dell’Ottocento. Retha Santi Corieri, nata a Ogden, in Iowa, nipote di immigrati modenesi, ormai da anni si occupa con passione di genealogia. Dalle sue ricerche, minuziose fino a diventare una ragione di vita, Retha ha estrapolato la storia della nonna materna, che lei giudica una donna estremamente forte e dolce allo stesso tempo.
Aveva tanta curiosità per quel mondo, l’Appennino modenese, di cui fin da bambina ha sentito parlare con amore e nostalgia. Così Retha Santi Corieri ha iniziato le sue ricerche per scoprire le origini della sua famiglia e ne ha tratto una storia, quella della nonna materna, Martina Contri, «una donna strordinaria – dice Retha – piena di vita e di dolci ricordi. Una donna dotata di un grande amore per il suo Dio e per la sua Chiesa e soprattutto per la sua famiglia. Grazie a lei, così forte e cara, tutti noi suoi discendenti, e siamo tantissimi: 5 figlie, 10 nipoti, 16 bis-nipoti e 11 bis-bis-nipoti, siamo tuttiorgogliosi delle nostre origini».
Retha Santi Corieri dedica a nonna Martina, scomparsa nel 1975 all’età di 87 anni, un lungo scritto: Martina’s story.
“Mia nonna – racconta – nacque il 29 giugno del 1888 da Caterina Gianni e Leopoldo Contri, in una casa vicina a Riolunato chiamata «la Casa grande» perchè era la più grande della zona. I suoi genitori volevano chiamarla Anelica ma, cosa per me abbastanza incomprensibile, il prete del paese si oppose perchè non c’era nessun Santo che portasse quel nome. E fu così che la decisione cadde su Martina». Nonna Martina ebbe anche due fratelli, Pasquale e Pietro. «Immagino, purtroppo di questo non ho notizie certe – dice ancora Retha – che loro padre visse a lungo lontano, perchè ho scoperto che era caporeparto in un’azienda che produceva tappi di sughero in Algeria». Come era abitudine a quei tempi, nonna Matina frequentò poco le scuole, forse solo i primi tre anni. Sicuramente ha imparato benissimo a cucire, arte che ha trasmesso a tutte le sue figlie e nipoti.
«La vita sulle montagne modenesi era dura – dice Retha – nonna passava quasi tutte le sue giornate a guardare le pecore al pascolo e i suoi pasti erano a dir poco frugali».
E la situazione non migliorò neppure dopo il matrimonio nel 1907 con Annibale Lazzaretti, di Montecreto, avvenuto nel 1907. Era difficile sbarcare il lunario e quindi fu facile, per i due giovani sposi, farsi convincere di partire per l’America da da alcuni amici che erano emigrati in Iowa e là avevano facilmente trovato lavoro.
«Non rividero ma più- ricorda Retha – le loro famiglie e la loro terra».
Le difficoltà furono tante, ma Martina e Annibale le seppero affrontare con quel misto di tenacia e senso dell’umorismo che è tipico della gente dell’Appennino. Retha ricorda innumerevoli aneddoti riguardanti le incomprensioni alle quali i nonni, trapiantati in un mondo di cui non conoscevano minimamente nè la lingua nè le abitudini, incappavano quasi quotidianamente. Una volta, ad esempio, «rivolgendosi ad un venditore ambulante lo insultarono pesantemente credendo invece di ringraziarlo e invitarlo a cena».
A Odgen Annibale Lazzaretti trovò impiego, insieme a molti altri italiani, in una miniera di carbone e Martina contribuì al bilancio familiare affittanto camere a giovani studenti, grazie ai quali migliorò notevolmente il suo inglese.
Man mano che veniva individuata una nuova miniera la famiglia Lazzaretti, che nel frattempo si era ingrandita con la nascita di quattro figlie, si spostava e ricominciava da capo in un nuovo paese.
“L’equilibrio conquistato – racconta Retha – si ruppe nel 1922, quando nonno Annibale morì a soli 45 anni per un attacco di cuore.
Episodi raccontati agli americani
Le vite italiane
sembrano film
Dopo anni di permanenza negli Stati Uniti, La Famiglia Lazzaretti aveva conquistato un certo equilibrio economico. «Tutto si spezzò nel 1922 – racconta Retha Santi Corieri – quando nonno Annibale morì a soli 45 anni per un attacco di cuore. Mia nonna rimase sola con quattro figlie e come unicafonte di reddito, i pensionanti che da lei alloggiavano. Fu un periodo molto duro. Oltre a cercare di sfamare e vestire quattro figlie di età compresa tra i 2 e i 13 anni, fu anche oggetto di vili pettegolezzi perchè teneva in casa ospiti uomini».
Ma Martina non si arrese e mantenere la famiglia era molto più importante dei pettegolezzi. Continuò ad affittare camere e a preoccuparsi solo delle proprie figlie. Dopo 3 anni conobbe Camillo Lauterio, anche lui di origini italiane e con lui si sposò nel 1925, avvertendolo con schiettezza che «sposando lei non stava sposando solo una persona, ma ben cinque». Anche Camillo lavorava nelle miniere di carbone e per seguirlo Martina si trasferì, assieme alle figlie, a Madrid in Iowa, dove un’altra figlia, Mary Lois e dove Martina e Camillo iniziarono una nuova attività: comprarono un podere e diventarono agricoltori.
«Così la nonna – dice Retha – dovette imparare un nuovo modo di vivere, quello della moglie di un coltivatore. Per tutti noi,nonna Martina è sempre stata un punto di riferimento, la base a cui tornare nei momenti difficili. Ha dovuto superare molte difficoltà, ma l’ha sempre fatto con forza e col sorriso sulle labbra. Penso che nonna Martina possa essere paragonata alle grandi donne che hanno fondato questo paese meraviglioso». Vite che sembrano film.
(20 aprile 2001)