“Vai dai miei fratelli e dì loro che io li amo” è seguendo questa parola di Dio che suor Maria Rosa Venturelli, 51 anni, ha lasciato le strade di casa ed è andata in giro per il m, donando la sua vita a Dio e agli altri e diventando una suora missionaria Comboniana.
“Questa parola di Dio – racconta suor Maria Rosa – è risuonata un giorno lontano profondamente nel mio cuore. E da quel giorno vive ancora nel mio cuore e lo riscalda, continua ancora a dare un senso al mio pellegrinare di terra in terra”.
Suo Maria Rosa è stata prima in Africa ed attualmente è in Polonia. “Sono figlia della terra modenese, a Vignola io sono cresciuta, qui sono le mie radici cristiane. Qui è sbocciata, cresciuta e fiorita la mia vocazione missionaria. Sono figlia di questa terra ricca e fertile e sono molto contenta delle mie radici”.
La suora racconta della sua vita, delle sua missione nel mondo, a contatto con i poveri e gli ammalati.
“Ho vissuto e annunciato la parola di Dio per 12 anni in terra d’Africa – continua – nell’attuale Congo. Un giorno non lontano si chiamava Zaire. Questo immenso Paese africano oggi non è più quello che ho conosciuto. Ora vi è una terribile, crudele e intensa guerra civile. Io vi ho vissuto in tempo di pace. Vi era sì una dittatura militare e molte cose materiali di prima necessità non c’erano, ma c’era la pace e questo è un grandissimo bene”.
Parla con intensità della sua missione in Africa.
“Ho imparato a cantare e a danzare pregando nello stesso tempo l’animo africano è fondamentalmente religioso. Dio occupa il primo posto nella vita, sempre, sia nei momenti di gioia che in quelli di tribolazione. E questo è un grande dono”.
Ha lavorato e prestato la sua opera con i giovani, gli insegnanti, con i catechisti, con le ragazze, le donne gli anziani e i lebbrosi. “Sono stata iniziata alla religione tradizionale africana cristiana – continua – e mi hanno dato anche un nome nuovo “Liziba”, che significa sorgente. E io ho cercato di essere questo in mezzo a loro: una sorgente di acqua pura, che lasciasse trasparire l’immenso amore del Signore per ogni creatura e solo il Signore ha potuto guidare i miei piccoli gesti quotidiani, il faticoso lavoro sotto il sole cocente dell’equatore la sofferenza di non poter alleviare tutte le sofferenze e tutte le angosce”.
Dal popolo d’Africa che chiama affettuosamente “mio figlio adottivo” suor Maria Rosa Venturelli dice di aver imparato molto. “La loro vita semplice, povera, priva a volte del necessario, di quello che noi Europei riteniamo necessario, ha dato un volto diverso, più profondo e caldo alla mia fede cristiana: dalla loro vita ho imparato a riflettere sulla mia e a trarre riflessioni per la mia crescita nella fede”.
Attualmente suo Maria Rosa Venturelli presta la sua missione in Polonia. E’ a Varsavia da un paio d’anni, circa.
“Mi trovo a vivere in questo Paese dell’est, in questa terra ricca e tormentata – racconta ancora – alcune persone mi chiedono cosa ci faccio qui, in questa terra cristiana e già profondamente religiosa che, dicono, non ha bisogno di me che sono una missionaria. Mi chiedono perché non torno in Africa. Ebbene anche qui c’è bisogno di aiuto e di speranza. La Polonia è una terra ricchissima di valori religiosi e cristiani. In questa terra vive un popolo stupendo che ha conservato a prezzo del sangue la sua fede ed io ho molto ancora da imparare dalla loro tenacia, dalla loro fermezza e solidità religiosa».
Sorella da vent’anni
Suor Maria Rosa Venturelli è nata a Savignano, 55 anni fa. A 35 ha seguito quello che le suggeriva il suo cuore: diventare missionaria. Dopo molti anni trascorsi in terra africana, ora è in Polonia. “La Chiesa in Polonia per 50 anno ha retto all’urto del comunismo – spiega – il cardinal Wyszynski, primate di Polonia, ha tenacemente rifiutato ogni compromesso politico e sociale. Ha subito la tortura, la limitazione della libertà, ma non ha ceduto. La Chiesa quale unica realtà ha tenuto testa in Polonia al regime, è diventata per il popolo il simbolo della libertà, delle democrazia, della dignità della persona, dei valori dello spirito. Solo in Polonia è stato così.” Ma suor Maria Rosa racconta anche come l’isolamento della Polonia non abbia permesso che la sua Chiesa venisse a contatto e si arricchisse delle esperienze delle altre Chiese nel mondo. “Ora le barriere sono crollate – dice ancora – e il popolo polacco ha bisogno di aiuto, condividere la sua ricchezza religiosa, fare conoscere le sue potenzialità, dare al mondo la sua immensa ricchezza di vocazioni, fede e carità».
(10 gennaio 2001)