Da San Felice al Brasile per lavorare nelle piantagioni di caffè dell’Amazzonia alla fine del secolo scorso. Una storia di emigrazione che si può definire di andata e ritorno, perché ora il pro nipote di quei primi emigranti, Gustavo Minervini, è tornato a Modena. «La vera data di nascita di mio nonno Ennio Neri, nato a Manaus, è sempre stata un mistero – racconta Gustavo – dai documenti risultava essere del 1901, ma lui ha sempre sostenuto di non essere nato in quell’anno. L’unica cosa certa è che i suoi genitori, pochi mesi dopo la sua nascita tornarono indietro a Finale».
Nella Bassa modenese Ennio Neri visse infanzia e giovinezza, lavorando come contadino e suonando nella banda del paese. Conobbe Irma, detta Amelia, che divenne sua moglie e nel 1927 gli diede il primo figlio, Delmiro. Pochi mesi dopo, però, Ennio, decise di partire per Buenos Aires, lasciando nella Bassa la moglie e il figlio nato da poco.
«Il viaggio – racconta il nipote Gustavo – fu terribile. Tutto in terza classe, 45 giorni». Arrivato a Buenos Aires nonno Ennio trovò alloggio all’Avellaneda, il quartiere popolare della capitale, e un lavoro come camionista. Trasportava mattoni per la costruzione del «pueyrredon», il più grande ponte dell’Argentina. «Questo ponte fu un protagonista importante della storia del Paese – ricorda Gustavo – Costruito in modo che fosse possibile alzarlo e abbassarlo per permettere il passaggio delle navi che dal mare entravano a Buenos Aires tramite il Rio del Plata, ad ogni rivoluzione o ad ogni disordine interno veniva alzato dalle autorità per fermare tutti coloro che dalla provincia volevano arrivare alla capitale».
Nel 1930 riuscì a fare arrivare in Argentina anche la moglie e il figlio. Fu difficile anche perché la famiglia non voleva che nonna Amelia partisse, temeva di non poterla più rivedere, ed effettivamente passarono ben 42 anni prima che potesse tornare in Italia,
«Nonno Ennio trovò poi un posto come autista di una famiglia tedesca, e dopo poco tempo la stessa famiglia assunse anche nonna Amelia – racconta Gustavo – poi nacquero Cleonice nel 1931 ed Elvira, mia madre, nel 1935. Mia madre è nata in Argentina e non si è mai sentita italiana, non sa una parola d’italiano, anche se conosce tutte le tradizioni modenesi perché nonno Ennio finché è rimasto in vita le ha mantenute ben salde». Tutti a vivere nella grande casa all’Avellaneda. Un’unica grande famiglia e nel frattempo nonno Ennio era diventato don Ennio. «E’ questo un titolo che si acquisisce con l’anzianità e soprattutto con il prestigio – continua Gustavo – era stimato da tutti soprattutto per la solidarietà che dimostrava nei confronti degli italiani che giungevano per la prima volta in Argentina. Tutti quelli che arrivavano da Modena, prima di trovare una sistemazione, passavano per casa nostra. Ricordo che a pranzo era sempre seduto a capotavola e che non si iniziava mai a mangiare finché non era lui a farlo per primo. La nostra cucina era modenese. Tutte le domeniche avevamo i tortellini fatti a mano da nonna Amelia e non mancavano mai vino rosso, il grana e il prosciutto».
LA CURIOSITA’
Tante lettere a Finale
I contatti tra la famiglia di Nonno Ennio e le origini modenesi erano tenute attraverso le tradizioni, ma anche con un fitto rapporto epistolare con i parenti di Finale. «Tutti i fine settimana – racconta Gustavo Minervini – si dedicavano alla corrispondenza. si scrivevano lugnhe lettere con le quali il nonno cercava di mantenere la famigliarità che la lontananza rischiava di compromettere». Nonna Amelia, invece, aveva sempre un nostangia dell’Italia e dei suoi parenti. Aveva 12 fratelli alcuni dei quali non aveva mai conosciuto perchè nati quando lei era già partita. «Riuscì ad esaudire questo grande desiderio solo nel 1992 – racconta il nipote Gustavo Minervini – venne in Italia da sola e vi rimase per ben sei mesi. Dopo pochi anni tornò a Finale, insieme a nonno Ennio, vi rimase per un mese. Nonno Ennio riabbracciò i parenti e si ritrovò con i vecchi amici della banda. E’ stata quella l’ultima volta che i nonni videro l’Italia. Tornati in Argentina, la nonna si ammalò e morì nel 1979. A distanza di un paio d’anni anche mio nonno, consumato dalla tristezza e dalla solitudine si spense».
(17 luglio 2001)