Francesca Arletti

E’ tornata a Modena per una visita alla sorella 90enne e al fratello, poi è ripartita: prima uno scalo in America del Nord dove vive una delle tre figlie e poi volo verso casa, in Argentina dove ancora oggi, a 73 anni, si occupa di volontariato per gli emigrati italo argentini che più hanno bisogno. Francesca Arletti è in Sud America dal 1948 quando arrivò a San Juan con il marito ingegnere incaricato di ricostruire la città dopo il terremoto. 
Solo pochi anni prima un violento terremoto aveva distrutto la città di San Juan, occorreva ricostruirla. Il governo argentino chiese aiuto al mondo e l’Italia rispose.
Tra quelli che diedero il loro appoggio c’era anche Demetrio Dobjanschi di nascita romena, ma emigrato in Italia durante la seconda guerra mondiale. Nel nostro Paese aveva terminato gli studi intrapresi in Romania e si era laureato, all’università di Padova in ingegneria civile. Aveva quindi iniziato la sua attività e dopo aver conosciuto la bella Francesca, la sposò. Francesca aveva 20 anni e dopo pochi mesi seguì il marito nell’avventura Argentina.
«Demetrio era molto intelligente – racconta Francesca – addirittura per arrotondare lo stipendio scriveva le tesi per i cosiddetti”ragazzi bene” di Padova, che non avevano voglia di studiare, ma il loro padre voleva che si laureassero. Quando ci sposammo Demetrio lavorava a Trieste. Nella Pasqua del 1948 andai a passare le feste a Triste con lui arrivò la chiamata: cercavano tecnici per la ricostruzione di San Juan dopo il terremoto: partimmo».
La partenza non fu semplice, anche se, dopo il matrimonio, Francesca Arletti non aveva avuto una vita semplice, perché non era stato semplice sposare un romeno.
«Nessuno mi aveva detto, al momento del matrimonio, cosa sarebbe successo se avessi sposato un cittadino romeno – racconta Francesca Arletti – infatti pur sposandomi in Italia e pur non avendo mai abbandonato il mio Paese, sposando un romeno persi la cittadinanza. Tutte le settimane dovevo andare a fare firmare dalle autorità un foglio di soggiorno per rimanere dove ero nata ed ero sempre stata. Era inaudito, ma queste erano le leggi. Sposandomi ero diventata cittadina romena. Fu solo quando mio marito rinunciò alla cittadinanza romena e divenne apolide che io potei riavere la mia cittadinanza italiana».
Francesca Arletti partì quindi con il marito e arrivò a San Juan, una città che praticamente era stata rasa al suolo.
«Occorreva ricostruire tutto – racconta la signora Francesca – Demetrio era tra i controllori delle costruzioni. Controllava in altre parole i progetti presentati dalle imprese per conto del Consiglio nazionale per la ricostruzione di prevenzione antisismica».
I primi tempi in Argentina furono difficili.
«Avevo solo 21 anni e avevo lasciato la casa, la famiglia – racconta – ero arrivata in Argentina in una città distrutta. Molte notti mi svegliavo in preda alla disperazione dopo aver sognato mia madre che era morta in Italia durante un bombardamento. Ho passato momenti tristi, ma avevo a fianco Demetrio che iniziava così una nuova carriera nel campo delle costruzioni».
Il marito di Francesca Arletti, dopo il lavoro con il Governo argentino divenne un impresario con una propria impresa di costruzioni, ed oggi è una delle più significative dell’Argentina.
«Quando sono arrivata San Juan contava 60mila abitanti – dice ancora – ora ne ha il doppio. E’ tutta completamente ricostruita secondo modelli antisismici. E’ al centro di una bella valle e di una zona vitivinicola: con ottime acque termali che non sono sfruttate secondo il nostro concetto di terme. Basterebbe la buona volontà di qualche imprenditore e si potrebbe realizzare un centro importante per l’economia della zona».
Volontaria tra gli immigrati
Tre figlie in giro per il mondo
Francesca Arletti ha tre figlie e dodici nipoti.
Le tre figlie sono tutte nate in Argentina: Maria Vittoria, laureata in scienze economiche; Maria Cristina laureata in ingegneria civile sulle orme del padre e Maria Alessandra, laureata in legge ed ha svolto un dottorato in Spagna specializzandosi in diritti internazionali e delle donne, attualmente vive in Nord America con il marito ed i sei figli.
Francesca Arletti ha sempre dedicato la sua attività alla famiglia e all’educazione delle figli.
«Quando loro sono diventate grandi – racconta – ho rivolto la mia attività verso la collettività italiana in Argentina».
Ha così collaborato attivamente con la Società italiana Dante Alighieri.
Nel 1963 è stata chiamata a riattivare la società Ausonia, una società italiana femminile per l’assitenza che era stata fondata nel 1900, ma che aveva terminato la sua attività con il terremoto del 1944.
Francesca Arletti ha poi fondato il cicolo Acli nel 1976, nel 1992 ha fondato il circolo Emiliano Romagnolo e nel 1994 è stata nominata vice console carica che ha conservato fino al 1997, al compimento del suo settantesimo anno di età.
Lo scorso anno invece ha iniziato con Ausonia una serie di corsi di italiano. Sono corsi molto seguiti sia da oriundi italiani che di altre nazionalità.
«Arriaviamo anche ad insegnare ad una quarantina di persone per corso» dice Francesca Arletti, che, nonostante la non più giovane età ha ancora in mente altri progetti per gli italiani in Argentina.(m.b.)
(21 gennaio 2001)
f_arletti