E’ arrivato qualche anno fa nel ferrarese e con caparbietà ha cercato e trovato i suoi parenti, riuscendo così a completare la ricerca sulle sue radici che aveva iniziato una decina di anni prima. Roberto Vincenzo Ardizzoni, 54 anni, vive attualmente ad Atlanda ed è investigatore per il Governo federale. La sua attività consiste nel compiere le indagini per gli incidenti che si verificano sul lavoro. E’ infatti laureato con una specializzazione in “sicurezza industriale”. Quattordici anni Bob Ardizzoni iniziò una ricerca sulle proprie origini, ma non conosceva ancora una parola d’italiano.
«Andai prima a Ferrara e poi a Cento – racconta – trovai fortunatamente una persona che sapeva l’inglese e mi ha aiutato molto nelle mie ricerche. E’ stata una ricerca lunga, ma si è conclusa nel migliore dei modi e nel 1999 anno ho potuto ottenere nuovamente la cittadinanza italiana».
Ora Bob Ardizzoni ha un passaporto italiano ed è registrato all’anagrafe di Cento. «Il circolo è stato chiuso – ha commentato – mio nonno lasciò l’Italia e rinunciò alla cittadinanza italiana. Io cento anni più tardi l’ho ripresa».
Roberto Vincenzo (Bob) Ardizzoni è nato in Waycross, Georgia nell’aprile del 1945, nella casa dove viveva la famiglia della madre. Al momento della sua nascita il padre Lino Roberto Luigi era imbarcato su una nave dell’esercito degli Stati Uniti nei mari d’Europa. Stava per concludersi la seconda guerra mondiale.
«Così quando dopo poco mio padre ritornò dalla guerra ci trasferimmo a Somerville, Massachusetts, una città vicina a Boston – racconta Bob – in seguito nacquero mio fratello Leonard e mia sorella Geraldine».
Bob Ardizzoni ha origini ferraresi. Suo nonno, Vincenzo Ardizzoni, nacque nel 1883 a Renazzo da Luigi e Luigia Borsari, aveva anche un fratello, chiamato Cesare.
«Era una famiglia molto povera – racconta Bob – per cui potevano permettersi di mandare solo un figlio in America. Toccò a mio nonno, che aveva 14 anni. Salpò con la nave da Genova. Di recente ho potuto avere una copia dell’elenco passeggeri di quel viaggio. Mio nonno era registrato come contadino e aveva con sè 4 dollari. Arrivato in America a Ellis Island, c’era suo cugino ad aspettarlo. I suoi parenti erano emigrati tempo prima ed avevano una fattoria ad indirizzo lattiero caseario in Springfield Massachusetts. Mio nonno non parlava inglese, così trovo occupazione presso la fattoria e contemporaneamente riuscì a frequentare la scuola».
Nonno Vincenzo lavorò presso i parenti fino al 1917 quando venne chiamato sotto le armi, nell’esercito degli Stati Uniti e venne spedito in Francia, dove incontrò e sposò Viollette Manfrini. Finita la guerra ritornò a Springfield con la moglie.
«Trovò lavoro come aiutante di un falegname, mentre mia nonna faceva la sarta in casa – continua Bob nel suo racconto – mi dispiace ammetterlo, ma nel 1919 esistevano numerosi pregiudizi nei confronti degli italiani. Mio padre nacque proprio nel 1919 e mio nonno divenne cittadino degli Stati Uniti nel 1921. In Springfield istituì un circolo di Italiani settentrionali che chiamò Dante Club. Questo circolo è oggi conosciuto anche tra la gente di Renazzo e Cento».
Nonno Vincenzo divenne un buon falegname e risparmiò tanto da riuscire a comprare e a trasferire la sua famiglia in una nuova casa, bifamiliare, a Somerville e passò il resto della sua vita a lavorare come ebanista.
Da piccolo Bob viveva con la famiglia in un appartamento sopra quello dei nonni. «Ho molti piacevoli ricordi di quel periodo – racconta – ricordo che ci ritrovavamo ogni domenica e in casa dei nonni si mangiavano i tortellini, il mio piatto preferito. Si mangiavano poi altri tipi di pasta, i carciofi fritti, il vitello e altri cibi italiani. Compravamo il pane fresco in una panetteria italiana e mia nonna mi dava sempre un goccio di vino, che mi faceva sentire come un adulto. Mi sentivo spciale, perché nessuno dei miei amici mangiava le cose che mangiavo io dai nonni e a nessuno era permesso di bere vino. Mio nonno coltivava un piccolo orto nel quale produceva poi le verdure che mangiavamo a tavola».
Bob Ardizzoni ricorda con particolare affetto le domeniche della sua infanzia, quando, dopo pranzo, arrivavano altri emigrati ferraresi e tutti insieme parlavano dell’Italia e di Ferrara.
«Dopo pranzo – continua il suo racconto – i bambini andavano a giocare nella sala da pranzo, mentre gli adulti rimanevano a tavola a bere e a parlare, naturalmente parlavano in dialetto ferraese. Molti degli uomini fumavano il sigaro. Ricordo alcuni dei loro cognomi, Malaguti, Balboni, Guidoboni. Gli amici portavano dei dolci a noi bambini. Io ricordo in particolare il torrone con le noci. Mio nonno morì che ero ancora molto giovane prima che io avessi potuto chiedergli qualcosa di più sull’Italia».
Adesso, quando Roberto Bob Ardizzoni viaggia in Europa, esibisce il suo passaporto italiano.
«E’ questa una grossa soddisfazione per me – ha spiegato – circa quindici anni fa decisi di scoprire se avessi ancora parenti in Italia. Mio padre mi fornì il nome di un uomo di Cento che ricordava: Delmo Casagrande. Iniziarono così le mie ricerche. Mia moglie ed io volammo dagli Stati Uniti fino a Milano e poi a Bologna. Pieni di difficoltà perchè non parlavamo italiano da Bologna riuscimmo a prendere un autobus e poi un taxi e andammo a casa di Casagrande il quale non parlava inglese».
Si trattava quindi di trovare un interprete, qualcuno che sapesse l’inglese e che conducesse Bob Ardizzoni attraverso la lunga serie di ricerche sul passato della sua famiglia.
«Mi fu indicato Galdino Tassinari – dice ancora Bob – un ragazzo che sapeva l’inglese. Fu molto cordiale. Ci invitò a casa sua e in seguito a ricerche che compì lui stesso, mi portò davanti alla casa dove nacque e visse mio nonno. Ero emozionato ed è difficile spiegare come mi sentivo in quel momento, di fronte a tante scoperte. La parte migliore della storia è che diventammo buoni amici con la famiglia Tassinari».
Nel corso di questi anni Bob Ardizzoni e la moglie hanno compiuto mediamente un viaggio a Renazzo ogni anno. In queste visite e grazie a ricerche genealogiche e all’anagrafe di Renazzo riuscì a trovare documenti riguardanti la sua famiglia e le sue origini.
«Contattai le autorità e il consolato e feci domanda – dice soddisfatto Ardizzoni – di riavere la nazionalità italiana. Ci volle circa un anno e un considerevole aiuto da parte del Console e del sindaco di Cento Paolo Fava per arrivare alla fine del percorso. Ora posso dire, però, di avere la cittadinanza di quelli che considero i due migliori Paesi del mondo: l’Italia e gli Stati Uniti».
L’ORGOGLIO
«Quando torno nell’home town voglio parlare solo in italiano»
RENAZZO. Ora sta imparando l’italiano perché, ogni volta che torna in Italia vuole farsi capire da tutti. Bob Ardizzoni manifesta con orgoglio le sue origini ferraresi. «Mi piace scherzare, stare in compagnia e amo la gente cordiale – dice – per questo vengo con piacere alla mia “home town” Renazzo. Prima che io iniziassi la scuola mio padre prese una decisione per la quale non sono d’accordo, ma che ora capisco. Comprò una casa in un sobborgo di Boston che era principalmente anglo. Nella maggior parte della mia carriera scolastica, io fui l’unico che aveva origini italiane. Mio padre non parlò mai italiano in casa e neppure io imparai a parlarlo. Mio padre prese queste importanti decisioni affinché io potessi crescere completamente americano».
Ora Bob Ardizzoni fa parte anche di una società di genealogia americana ed italiana di Atlanta. «I membri sono per la maggior parte della mia età e nessuno di loro parla italiano quando ci incontriamo, però, discutiamo delle nostre origini, la maggior parte di noi prende lezioni di italiano, stiamo tutti indagando sulle nostre origini. Insomma, oggi noi tutti, che siamo alla terza generazione, desideriamo diventare più italiani. Tre dei membri della nostra associazione sono in procinto di prendere la cittadinanza italiana».
(9 gennaio 2001)