Il 29 giugno 1913 una terribile sciagura
A Dawson morirono 39 nostri minatori
Vendevano per pochi soldi il campo, la casa, le masserizie e partivano. Salpavano per i lontani Paesi oltre oceano in cerca di un lavoro. Affrontavano un viaggio verso l’ignoto con la sola speranza di migliorare le già precarie condizioni di vita. Erano intere famiglie che dall’Appennino si spostavano per emigrare negli Stati Uniti. Le maggiori possibilità di occupazione venivano fornite dalle miniere dove la vita era dura, ma la paga poteva consentire di accantonare qualche risparmio. Nei primi anni del secolo l’emigrazione modenese raggiunse il 16% con punte del 33% nel 1913.
Fu, però, nei dieci anni che vanno dal 1904 allo scoppio del primo conflitto mondiale, che gli emigranti modenesi raggiunsero la percentuale più alta con il 257%. Le mete preferite degli emigranti modenesi erano le zone dei Grandi Laghi e, in particolare, l’Illinois o l’interno della Pensylvania.
Erano scelte dettate dalle esigenze occupazionali degli Usa e dalle possibilità date dalle esperienze dei nostri montanari che avevano braccia robuste per lavorare come gli abili taglialegna o come instancabili minatori: due attività che sommavano alle dure condizioni di vita, anche un rischio estremo. Il tentativo di costruirsi una nuova vita lontano da casa venne, in più occasioni, tragicamente spezzata da incidenti che colpirono anche i lavoratori provenienti dall’Appennino modenese.
Uno degli incidenti che più colpì la montagna frignanese fu quello di Dawson nel 1913.
Dawson era una cittadina del New Mexico, verso la quale si spinsero parecchi montanari modenesi che erano, per altro, riusciti ad integrarsi molto bene nella comunità del luogo. A riprova si deve segnalare il fatto che, ad esempio, nella convention annuale della società “Foresters of America” parteciparono anche du rappresentantiu della Corte Lamarmora 2 di Dawson. Erano Adolfo Rinaldi e Francesco Santi, entrambi provenienti dall’Appennino modenese. Il 28ì9 giugno 1913, mentre a Rptari, frazione di Fiumalbo, si festeggiava il santo patrono i compaesano a Dawson facevano altrettanto. Poco prima del tramonto, in quel tragico giorno, quando stava per cambiare il turno di lavoro, una terribile esplosione, che venne sentita anche a parecchi chilometri di distanza, sconvolse la miniera di Stag Canion, ritenuta per quei tempi una miniera modello. La conta delle vittime fu difficile. In un primo tempo vennero identificati 137 corpi di minatori italiani, di cui 23 modenesi. In seguito le vittime italiane divennero 290, di queste 39 provenivano dlala provincia di Modena: una era di Fanano, 2 di Riolunato, 3 di Pievepelago, 15 di Serramazzoni, in particolare di San Dalmazio e 17 di Fiumalbo.
L’Eco del Panaro, quotidiano locale del tempo, seguì la notizia con continui aggiornamenti, grazie anche ai contatti con il Commissario dell’Emigrazione e con il console. Il rapporto ufficiale e il nome delle vittime per esteso venne pubblicato in 28 dicembre 1913, con il rendiconto delle sottoscrizioni aperte per i familiari dei deceduti. Anche l’Eco del Panaro fece una sottoscrizione che fruttò 1.051 lire. Altre 30,75 lire vennero raccolte nella Regia scuola tecnica di Pavullo nel Frignano.