Il grande esodo modenese di fine Ottocento

Miseria e scarsità di lavoro, la molla per andarsene

Tra le cause anche fenomeni atmosferiche avversi

Emigrare tra fine Ottocento e i primi anni del Novecento era, comunque, sempre una disperazione. Disperata era la vita che i nostri emigrati conducevano nel loro paese d’origine e disperato era il tentativo di trovare migliori condizioni altrove; come disperato era pure il cosiddetto “viaggio della speranza”, che per lo più (soprattutto per chi andava oltre oceano) si traduceva in una vera e propria odissea, sia che il viaggio fosse via mare prima, o via aereo dopo. Disperato era poi l’impatto con la nuova realtà. La statistica dell’emigrazione italiana all’estero nel 1881, confrontata con quella degli anni precedenti e con l’emigrazione avvenuta da altri Stati”, uscita a Roma nel 1882 a cura del Ministero di agricoltura, industria e commercio, sottolinea, per la provincia di Modena, quale “movente principale della emigrazione” la miseria e la scarsità di lavoro “che spinge, specialmente gli abitanti della montagna, ad uscire dal paese nella stagione invernale per trovare all’estero occupazione”.

Gli anni precedenti al 1881 erano stati inclementi dal punto di vista atmosferico. Ci furono fenomeni che ebbero un duro effetto sulle popolazioni della nostra provincia, tanto che, furono causa scatenante di un aumento del flusso migratorio. La relazione del prefetto di Modena nel 1879, indica infatti un lungo inverno con abbondanti piogge che caddero e ridussero al minimo il raccolto di grano; il granoturco venne danneggiato per difficoltà atmosferiche nel periodo della semina e l’uva non aveva presentato prospettive lusinghiere.

A causa del maltempo non vennero danneggiati solo i raccolti delle campagne, ma si aggiunse anche il dissesto del territorio con frane in quasi tutto il territorio di Lama Mocogno e le inondazioni nella Bassa: quella del 1892 fu la più terribile, tanto che qualche anno più tardi, nel 1879, ben 4500 persone nel solo circondario di Mirandola furono costrette ad emigrare .

Il viaggio

Uomini stipati in condizioni disumane. L’emigrazione di fine ottocento costituisce uno dei fenomeni più articolati nella storia dei flussi migratori delle popolazioni italiane. In quel periodo, inoltre, si erano venuti a determinare, in particolare, due nuovi fenomeni: da un lato l’apparizione sul

mercato degli agenti di emigrazione dall’altro, la ricerca e, allo stesso tempo l’offerta, di nuove terre situate oltre oceano.

Gli agenti costituivano la prima grossa incognita perché, in molti casi, carpivano la buona fede degli sventurati che si affidavano alle loro lusinghe di una terra promessa e ponevano l’emigrante nella poco favorevole condizione di essere considerato merce umana.

Tramite accordi con gli armatori, questi agenti, dopo aver fornito illusioni sull’eldorado d’oltre oceano, vendevano i biglietti per la traversata a prezzi ridotti, aumentando però di molto il

numero dei passeggeri.

Il solo risultato che ne deriva era quello di ammassare toppe persone in spazi inadeguati e creare condizioni di vita ai limiti della sopravvivenza.

In più si registrava un altro fenomeno: quello della scelta dei porti italiani, preferiti rispetto a quelli più moderni e funzionali del resto dell’Europa settentrionale, dove le compagnie navali avevano introdotto le navi a vapore. In Italia il governo locale e, soprattutto i governo sudamericani,

avevano invece optato per il prezzo contenuto dei noli con il mantenimento delle navi a vela.

Una politica che permetteva un prezzo più basso per il trasporto ma anche condizioni disumane di viaggio, con tempi di navigazione più lunghi e maggiori rischi di sicurezza dovuti alle condizioni meteorologiche e di epidemia per le deplorevoli condizioni igieniche.

E’ arrivato un bastimento

Gli emigranti che partivano sui bastimenti, venivano ammassati nelle stive dove rimanevano di giorno e di notte, con I’unica eccezione, in condizioni di tempo favorevole, di alcune ore del giorno, durante le quali venivano fatti salire sul ponte. Anche il vitto non era una nota positiva: Il cibo scarso e malamente conservato, sommato alle disastrose condizioni igieniche, causava di sovente il manifestarsi di epidemie a bordo: colera, febbre gialla vaiolo, tifo erano all’ordine del giorno.

E si emigrava sulle navi usate per la tratta degli schiavi

L’Ispettore del Porto di Genova, Nicola Malnate, osserva nel 1898, che il trasporto degli emigranti avveniva sulle stesse navi che erano servite alla tratta degli schiavi, con velocità di 8 miglia e mezzo e meno di 2 metri cubi d’aria per ogni passeggero di terza classe, contro i 2,5 prescritti.

“L’odore che veniva dalle stive attraverso i boccaporti – scrive in una relazione – era tale da non poter immaginare fosse di persone umane”.

Emigranti e Truffe

Non bastavano i viaggi, le malattie, le epidemia, la fame, la miseria, per gli emigranti anche le truffe. Tra le tante truffe che doveva affrontare chi sceglieva di espatriare, c’erano ad esempio, anche quelle delle agenzie straniere che offrivano l’ingresso negli Usa senza visto.

C’erano anche compagnie di navigazione che agivano nell’illegalità, tanto che il Governo fu costretto a diffondere una serie di opuscoli: “Il vettore – si legge in uno di questi – è tenuto a non chiedere altro che il prezzo del biglietto e in caso di infrazione a agare il doppio del prezzo del biglietto e a risarcire il danno.